Scott Skiles

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30 dicembre 1990, Orlando Arena (casa dei Magic dal 1989 al 2010). Orlando Magic contro Denver Nuggets. Entrambe le squadre con 23 sconfitte e rispettivamente 7 e 6 vittorie. Chiuderanno una, Orlando, con 31-51; mentre i Nuggets con sole 20 vittorie, assicurandosi Mutombo al Draft 1991. Ma torniamo a noi e a quello che successe quella sera. Una di quelle serate da ricordare.

I Magic, allenati da Matt Goukas, schierano in cabina di regia una ragazzo bianco, alto 1.85, con i primi accenni di stempiatura: Scott Skiles. Skiles, fino a quella partita viaggiava a 13.4 punti conditi da 7.4 assist, giocò ben 44 minuti sui 48 a disposizione, in una partita che a fine primo tempo recitava 72-49, e finì 155-116 per Orlando. Ma è quello che Scott fece durante l’arco dei suoi 44 minuti che fece valere il prezzo del biglietto ai 15 mila spettatori dell’Orlando Arena: 30 assists. Battuto il precedente di Kevin Porter (29, in un Nets-Rockets del 1978). Fu un vero e proprio clinic del passaggio quello messo in mostra da Skiles, il tutto con solo 4 palloni persi. Nel primo tempo, gli assist a referto furono 14 (come tutti quelli messi insieme dai Nuggets dopo 48 minuti), a cui si aggiunsero i 10 del terzo quarto e i 6 dell’ultimo periodo. Scott, alla fine, assistì il 55% dei canestri dei propri compagni, numeri da capogiro, riuscendo a mandare 7 compagni (oltre a lui stesso) in doppia cifra, e 10, sugli 11 entrati, a  referto. 

 

Mai nessuno, da quella stagione che lo vede premiato con il titolo di giocatore più migliorato (MIP) e i Bulls vincere il primo titolo, riuscirà a soffiare a Scott il proprio record. Stockton ci andò vicino soli 16 giorni dopo, fermandosi però a 28. E forse è proprio per questo chei 30 assist fatti registrare in quel dicembre del ’90 vengono considerati, come scrive Bleacher Report nel 2014, come uno dei 7 record NBA imbattibili.

 

Ma d'altronde, se nasci nell’Indiana, patria dell’Hoosier Hysteria, non puoi che essere speciale.

 

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